Nella religione Sikh la storia del rispetto del turbante è vecchia quanto la religione stessa. Il suo fondatore, Guru Nanak Dev ji, per rendere evidente il rispetto dei capelli indossava un turbante. Quando Guru Nanak Dev ji da piccolo andava a scuola, accompagnato dal padre Mehta Kalu ji, aveva un bellissimo turbante sopra la testa. La principale società Shiromani Gurdwara Commettee conserva quadri antichi che rappresentano eventi importanti della vita dei Guru disegnati da vecchi artisti; in questi quadri i Guru e i sikh sono sempre rappresentati con il turbante. Anche il compagno di viaggio di Guru Nanak Dev ji, Mardana ji, aveva i capelli lunghi e portava il turbante e così anche negli antichi dipinti nei quali sono rappresentati insieme. Durante il regno dei sikh con Maharaja Ranjit Singh fu donato molto oro da parte di quest’ultimo per la costruzione del tempio d’oro che si trova ad Amritsar. La porta principale è ricoperta d’oro e su di esso sono raffigurati Guru Nanak Dev ji e Bhai Mardana Ji, i quali stanno indossando il turbante. Durante il regno dei Sikh nel 1804 venne impressa sopra le monete l’immagine di Guru Nanak Dev ji, sempre con il turbante. Quando il Guru era soddisfatto dei servigi resi da qualcuno gli donava un turbante; questa tradizione è ancora viva nella religione sikh. Infatti, quando una persona rende un importante servigio alla società a titolo gratuito, gli viene donato un piccolo turbante (sirpao). Si narra che quando Nanak Dev Ji andò verso est per predicare il sikhisimo a incontrò Salm Rane Johri a Bishambhpur. Il Guru, vedendo la sua devozione, la fede e la servitù verso Dio gli donò un turbante e lo nominò predicatore della religione sikh. I Guru hanno insegnato a vivere ai Sikh con onore, a non inchinarsi mai davanti a nessuno tranne che al Guru Granth Sahib Ji. I sikh sono stati i primi a protestare contro le oppressioni fatte dagli imperi di allora. Guru Nanak Dev ji fu il primo a ribellarsi contro Bawar, da lui soprannominato Jawar (che significa: “colui che commette crimini”). Il successore di Guru Nanak Dev ji fu Guru Angad Dev ji, il quale seguì i suoi passi. Il terzo Guru fu Guru Amardas Ji che ricevette in dono un turbante. Al tempo del quinto Guru c’era un ricercatore chiamato Mustafà Fanni il quale, in un suo libro, scrisse che nel giorno del Vaisaki i profeti si recavano al tempio d’oro dove ricevevano in dono un turbante. Ogni anno veniva donato un turbante a Guru Amar Das ji da parte del Gurdwara. Il sesto Guru Hargobind Sahib ji, data l’importanza del turbante, ne indossava abitualmente due. La bellezza di quel doppio turbante era tale che il musicista del tempo Abdhulla riteneva che avesse un fascino maggiore rispetto al turbante del Re Zhahanghir dell’Hindustan. Il doppio turbante era bello per due motivi: Perché era indossato dal sesto Guru che ricopriva la carica di maestro non solo nella vita terrena, ma anche in quella dopo la morte. Perché i seguaci sikh del sesto Guru lo ritenevano un maestro che segue la verità e la giustizia. Quegli stessi seguaci rispettavano il sesto Guru più dello stesso Re. Guru Hargobind Sahib ji si legava il turbante con le proprie mani non come facevano altri Badsha (imperatori) dell’epoca, i quali se lo facevano legare da altri. Il sesto Guru per risvegliare la loro coscienza e per aiutarli a prendere decisioni giuste, instituì l’Akal Takhat (luogo dove si formulano e si approvano le leggi vere, che non facciano torto a nessuno). Tutti coloro che erano vittime di soprusi del Governo potevano chiedere ausilio in questo luogo, dove il sesto Guru invitò tutti i fedeli ad unirsi a combattere contro le ingiustizie e ad essere pronti per una eventuale guerra. Vedendo il coraggio del Guru molte persone vollero provare il sentimento della libertà; il sesto Guru combatté quattro battaglie in un arco di tempo compreso tra il 1622 e il 1634. In queste guerre il Guru, nonostante disponesse di un numero di soldati minore rispetto agli avversari, vinse tutte le battaglie. Un Sikh, al di là della sua professione o del suo luogo di residenza, riconosce l’autorità dell’Akal Takhat. Maharaja Ranjit Singh, sovrano sikh del Punjab, pose l’autorità dell’Akal Takhat ad un livello più alto, quello supremo. Mustafà Fanni scrisse anche riguardo Guru Hargobind Sahib ji; se nella battaglia il turbante di un soldato avversario cadeva, il Guru si fermava e gli diceva in modo rispettoso di risistemarsi il turbante, ribadendo che la sua battaglia non era contro il suo onore, ma contro il sopruso. Altri scrittori hanno raccontato che i Sikh non tolgono il turbante neppure in guerra e che, quando si lanciano all’assalto degli avversari, non tolgono il turbante dalle loro teste e non tentano neppure di toccare il copricapo (il “dupattha”) delle donne o i loro gioielli. I Sikh infatti rispettano il turbante, anche se è dell’avversario. All’epoca di Guru Hargobind Sahib ji c’era al potere Zhahanghir, imperatore musulmano dell’Hindustan. Durante l’impero dei musulmani nessun’altra persona, se non musulmana, poteva montare a cavallo, portare con sé armi, indossare il turbante o aspirare al trono. Guru Hargobind Sahib ji indossava un doppio turbante, aveva l’abitudine di tenere con sé due spade ed istituì il Sacha Takhat (la vera sede del potere) costruendolo più in alto rispetto a quello di Delhi e chiamandolo Akal Takhat. In questo modo il Guru ha consegnato al mondo una nuova via, dove la politica e la religione potevano avanzare insieme. Guru Hargobind Sahib diede all’Akal Takht il potere supremo. In seguito il decimo Guru, Guru Gobind Singh, nel 1699, il giorno del Visakhi (giorno della nascita della religione del Khalsa), diede ai Sikh un nuovo volto e contemporaneamente istituì il turbante come parte non trascurabile dell’abbigliamento, regalò ai sikh il Sardari (un volto con il turbante) e gli insegnò come preservarlo. Facendo così si oppose ai soprusi ricorrenti nel regno dei musulmani del tempo.